Con Sentenza del 21 gennaio 2019 la Sezione Impresa del Tribunale di Bologna, a fronte di una richiesta di invalidazione della delibera assembleare che stabiliva la facoltà per il socio uscente di svolgere attività in concorrenza con quella della società, ha statuito che le società di capitali non godono di un generale divieto di concorrenza in capo all’ex socio.
Secondo il Tribunale, infatti, non vi sarebbe nella disciplina delle società di capitali un generale obbligo di non concorrenza in capo al socio uscente, così come invece previsto per la società in nome collettivo ex art. 2301 c.c.
Detto divieto dovrebbe trovare la propria fonte in specifici accordi tra i soci, risultanti o da Statuto o dall’atto stesso di cessione della partecipazione sociale, salvo che l’alienazione della partecipazione non configuri un’ipotesi di cessione d’azienda, con possibilità di applicazione, in via analogica, della disciplina di cui all’art. 2557 c.c. a mente del quale “chi aliena l’azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta”.
Pertanto, si può considerare legittima la delibera che consenta al socio uscente di esercitare attività concorrenziale, in assenza di una limitazione statutaria o pattizia (nell’atto di cessione di quote) e, in ogni caso, di un divieto previsto ex lege.
La cessione di quote di partecipazioni, quando ha ad oggetto la totalità delle partecipazioni o, comunque, una quota di esse che consenta il controllo e la conduzione dell’azienda, comporta un trasferimento indiretto dell’azienda, in quanto di fatto realizza lo stesso risultato finale (ossia la titolarità e la conduzione dell’azienda in capo ad un soggetto diverso da quello ante trasferimento), potendosi pertanto venire a creare un pericolo anche dal punto di vista concorrenziale per l’acquirente.