
Molte controversie giudiziarie hanno ad oggetto l’accertamento della simulazione di contratti di compravendita immobiliare stipulati tra due parti, su richiesta di chi pretende di avere diritti sugli immobili trasferiti con quel contratto. Generalmente, sono azioni proposte o da eredi lesi dall’atto traslativo, oppure da soggetti creditori dell’alienante, il quale, trasferendo la proprietà dei propri beni ad altri, impedisce loro di aggredirli per soddisfare il proprio credito. A tal proposito, è necessario chiarire cosa si intende per contratto simulato. Secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, è tale un contratto apparente, in cui le parti si accordano nel ritenere come non voluto il contratto stipulato o come voluto un contratto diverso a quello firmato.
La simulazione, in questo modo, comporta la costituzione di un rapporto inesistente fra i soggetti contraenti o perchè le parti nulla vollero costituire, limitando la loro comune dichiarazione ad una mera apparenza o perché le parti vollero costituire fra loro un rapporto diverso. E’ dunque necessario operare una distinzione: si parla di “simulazione assoluta” quando le parti stipulano un contratto ma, in realtà, non vogliono alcun effetto tra di loro, cosicchè solo apparentemente si realizza il trasferimento di un diritto o l’assunzione di un’obbligazione; si parla invece di “simulazione relativa” quando, concluso un determinato contratto, le parti in realtà intendono realizzare gli effetti di un contratto diverso, di cui solo le medesime parti sono a conoscenza, dando vita ad un contratto “dissimulato”.
La volontà interna tra le parti viene espressa in un documento scritto, la cosiddetta “controdichiarazione”, che ha effetto esclusivamente tra di esse.
Il codice civile, nel disciplinare la simulazione, all’art. 1414 prevede che il contratto simulato, ossia quello apparente, non ha effetto tra le parti, in quanto tra le stesse si producono gli effetti del contratto dissimulato, purchè nella stipula del contratto siano stati rispettati i requisiti di forma e sostanza previsti per il dissimulato.
La simulazione relativa, inoltre, può essere oggettiva o soggettiva: con la simulazione oggettiva le parti voglio un contratto diverso da quello stipulato; con la simulazione soggettiva le parti vogliono il contratto stipulato, ma i soggetti sono diversi da quelli indicati nel contratto.
In altre parole, con la simulazione relativa soggettiva (detta anche interposizione fittizia di persona) il rapporto viene realmente costituito, ma tra una delle parti ed un soggetto diverso rispetto alla parte indicata nel contratto apparente. Occorre specificare, però, che per dimostrare la simulazione relativa soggettiva nell’ambito di un trasferimento immobiliare non è sufficiente un accordo sottoscritto tra interponente ed interposto, ma occorre anche l’adesione scritta del terzo venditore.
A tal proposito, bisogna ricordare un noto orientamento della Suprema Corte di Cassazione (si veda Cass. Civ. Sez. II, 23.3.2017, n. 7537) la quale ha affermato che “per la configurabilità di una simulazione relativa sotto il profilo soggettivo, è indispensabile un accordo non solo tra l’interponente e l’interposto, ma anche con il terzo, il quale deve consentirvi, esprimendo la propria adesione nella debita forma che, per i trasferimenti immobiliari, è quella scritta”.
Inoltre, nel caso di interposizione fittizia di persone, al fine di dimostrare la volontà delle parti di concludere un contratto diverso da quello apparente è necessaria l’esistenza di una controdichiarazione in cui risulti l’intento dei contraenti di dare vita ad un contratto soggettivamente diverso da quello apparente. La dimostrazione della volontà delle parti di concludere un contratto diverso da quello apparente incontra non solo le normali limitazioni legali all’ammissibilità della prova testimoniale e per presunzioni, ma anche quella derivante dal disposto degli articoli 1414, secondo comma, e 2725 c.c. E’ necessario, dunque, provare la sussistenza dei requisiti di sostanza e di forma del contratto diverso da quello apparentemente voluto e l’esistenza di una controdichiarazione in cui risulti l’intenzione comune delle parti di dare vita ad un contratto soggettivamente diverso da quello apparente.
Pertanto, relativamente alla compravendita immobiliare, la controversia tra il preteso acquirente e l’apparente compratore non si risolverà con la prova per testimoni o per presunzioni di un accordo simulatorio cui abbia aderito il venditore.
Nella compravendita simulata, la parte alienante trasferisce la proprietà di uno o più beni immobili all’acquirente, ma tra di esse vi è l’accordo interno che i beni di fatto restino in capo all’apparente venditore. In questa ipotesi si parla di una simulazione assoluta di compravendita; se, invece, l’intenzione reale delle parti contraenti non è quella di trasferire la proprietà di un bene verso corrispettivo di un prezzo – tipica della compravendita – ma quella di realizzare una finalità diversa, ad esempio una donazione, si avrà una simulazione relativa.
Quanto alla compravendita che dissimula una donazione, secondo una pronuncia della Corte di Cassazione n. 15095/2014, se non c’è stato alcun pagamento del prezzo e il negozio voluto dalle parti è la donazione, si avrà una simulazione relativa di compravendita. Dunque, ai fini della validità del contratto, è necessario il rispetto della relativa forma che ai sensi dell’art. 782 c.c. è quella dell’atto pubblico, ossia quel documento redatto da un notaio o altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato con la presenza dei testimoni. In mancanza di tale forma, l’atto resterà invalido con ogni conseguenza di legge, relativamente sia gli effetti tra le parti, che nei confronti dei terzi danneggiati dal simulato trasferimento dei beni.
Avv. Fabiana Saltelli